giovedì 29 marzo 2012

ATOD MO - STORIA DI UN CAMPIONE

"Non ci sono dubbi: il numero uno del trotto italiano in questo momento si chiama Atod Mo" ci dice il il dr. Mario Moretti, che di Atod Mo è il proprietario. Chi è Atod Mo? È un cavallo di cinque anni, alloggiato all'ippodromo ravennate del Candiano, appartenente alla scuderia "Loredana" dei coniugi Mario e Loredana Moretti, appassionati da sempre di corse e di cavalli.
"Da quando ci siamo sposati -ci dicono- il nostro ambiente prediletto, domenicale, è stato un ippodromo, in qualsiasi parte d'Italia, d'estate e d'inverno".
Hanno gareggiato entrambi: il dr. Moretti fra i gentlemen -"ho vinto 93 corse, avrei voluto arrivare a 100..però sono tre/quattro anni che non corro più, mi dedico all'allenamento dei cavalli della mia scuderia- la consorte Loredana, anche lei guidatrice di vaglia, si laureò addirittura campionessa mondiale in Canada e vinse, unica donna europea, una corsa per ambiatori a Chicago".
Atod Mo, dunque. "È nato a Civitanova Marche, lo acquistammo che aveva due anni, nell'80. Lo facemmo svernare a Palermo, e qui fece segnare subito 17"7; poi a Napoli, dove vinse, finchè a fine marzo dell'81 fece il suo arrivo a Ravenna. Aveva avuto un incidente a Napoli, venne curato, si riprese e, in luglio a Bologna tornò alle corse".
Viene affidato alla guida di Luciano Bechicchi e inizia subito la serie dei suoi successi: vince cinque corse di centro a Cesena, altre cinque corse a Roma; a quattro anni, nella stagione scorsa, disputa 19 corse, vincendone 14; quest'anno fino ad ora 24 corse, con nove vittorie ed uno sterminato numero di secondi posti; solo una volta non va a premio. Batte tutti gli altri indigeni, quali Lanson, Sperlak, Fedone, Argo Ve, vincendo corse importantissime; batte anche parecchi amricani di primissimo piano quali "Our dream of mite", vincitore del Lotteria, "Song and dance man.."
Com'è Atod Mo? "Un cavallo coraggiosissimo, da fuori stronca gli avversari, in testa è imbattibile; è il più amato dagli scommettitori di Bologna e Cesena, li fa sempre vincere....".
A Ravenna Atod Mo è allenato dal dr. Moretti e dal guidatore Bechicchi; l'artiere è Tino Muccinelli, appassionatissimo; ha preso il posto di Mario Landi, scomparso nella primavera scorsa ad 84 anni, un personaggio dell'ippica.
"Atod Mo non ha natali eccelsi -ci dice ancora Moretti- ma il nonno è Tornese e credo proprio che Atod Mo sia di Tornese il vero erede". (..)"

estratto da un'intervista di Augusto Mari a Candido Moretti apparsa sul Resto del Carlino

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ATOD MO NELL’INTIMITA'
E quanto mai opportuno nel momento in cui le cronache del trotto italiano parlano soltanto di lui, guardare un po’ piu in profondita nel «fenomeno Atod Mo»; anche perchè, andando alla scoperta del ... tigre che nasconde dentro, si mette in luce un personaggio che rischia di essere un tantino dimenticato, e che invece ha parte primaria nella meravigliosa avventura del «castrone voltante». Atod Mo, in pratica, ha addirittura cambiato la vita di Candido Mario Moretti, che adesso il medico lo fa soltanto per mezza giornata, il pomeriggio, perche la mattina «deve» andare in pista. Lo attacca lui quotidianamente, fa prove, lo cura, e lo consegna a Luciano Bechicchi soltanto il giorno in cui si corre. Si è completato cosi un processo di evoluzione della sua passione di ippico militante, che è la premessa di tutto il discorso che facciamo con Mario Moretti, alla scoperta dell’intimità di Atod Mo.
– Oggi posso dire che dall’ippica ho avuto tutto – riconosce Moretti – perche ho corso come gentleman, poi tra i professionisti, sono stato rappresentante dei proprietari e presidente di Società, e infine ho avuto Atod Mo che mi ha dato le soddisfazioni massime che si possano avere da un cavallo. Non parlo soltanto delle soddisfazioni del proprietario: sono anni, ormai, che dedico tutta la mia passione all’allenamento, la cosa piu bella che ci possa essere. La corsa ti impegna due minuti, la preparazione dura mesi, sempre. Tutti i giorni attaccare, studiare, cambiare, indovinare. Tu credi, diventi un artista... I nostri guidatori non possono essere artisti, hanno l’assillo del traguardo. Qui, in una piccola pista di provincia lavori tranquillo, capisci meglio il cavallo, ti puo venire l’ispirazione. E tutta un’altra cosa. lo tenevo due o tre cavalli da gentleman, per me e per mia moglie; ad un certo punto sentii l’impulso di toglierli al guidatore cui li avevo affidati in ellenamento: si era liberata una scuderia qui a Ravenna, e i miei cavalli me li portai a casa, per seguirli personalmente, a modo mio. Da quel momento praticamente non ho piu corso: allenare e molto piu bello. Ho studiato – dice Mario Moretti – ho letto tutto quello che ho trovato, ho parlato con quelli che ne sanno piu di me, sono andato in America tutti gli anni, per imparare anche quello che fanno là. Ho domato tre o guattro cavalli ogni stagione, o allevati da me, come Macis, o comprati da puledri, come Civril, Quicona, Quorona, Sirual, Bishof, Batachim. Si puo dire che ha corso l’80 per cento: un buon risultato del lavoro fatto con passione e con l’aiuto di persone capaci.
– E poi venne Atod Mo.
– Fu Quando – racconta Moretti – invece del solito viaggio in America, decidemmo di fare una spedizione a Palermo, con i cavalli. Pensammo che ci sarebbero voluti un paio di 3 anni, e andammo da Mori, a trattare Atod Mo ed Atrumin Mo. Fu una trattativa laboriosa: un giorno si andava avanti, ed uno si tornava indietro. Tutti li volevano, ma nessuno li comprava. E alla fine concludemmo l’acquisto. Atod Mo aveva fatto due corse, vincendone una. A Palermo corse discretamente, ma la spedizione nel complesso fu un disastro: per la Sicilia fu anche un’estate eccezionalmente fredda, e venne perfino il terremoto. Con Baldassare D’Angelo, a Napoli, Atod Mo vinse la corsa di puledri che precedeva il «Lotteria». Fu il primatista della generazione per un’ora soltanto, perche a Milano andò piu svelto Astro, cavallo che poi spari. Ma subito dopo Atod Mo cadde in box e fu sul punto di morire. Era intrasportabile, e dovetti aspettare 20 giorni per andare a prenderlo col van e portarlo a Ravenna. Da allora e sempre rimasto qui. Quando abbiamo provati di mandarlo via per più di gualche giorno, lo abbiamo visto intristire, perdere la sua carica gioiosa. Cosi, da oltre due anni e mezzo, sono lo schiavo di questo cavallo. Bechicchi e un ottimo interprete. L’anno scorso ancora non ci credeva del tutto. E io lo capisco: e perchè non lo lavora. Monta su e non sa esattamente che cosa può fare. Ma poi, dopo quei risultati sonanti nel Repubblica, nel Due Torri, nel Terme di Montecatini, a Torino e a Trieste, la fiducia e stata completa. Soltanto a Roma, in chiusura d’anno – riconosce Moretti – non era lui: poteva essere in schiena a Micado C, ma fu soltanto quinto. Il giorno dopo partivamo per l’America. Dovevamo star via un mese, ma passati 20 giorni volli venire a casa, Non era trenguillo, e fu un’ispirazione. Trovai non bene Atod Mo: aveva un garetto che gli faceva male. Chiamai il dott. Orsi, l’unico veterinario che l’ha visto, ma due o tre volte soltanto: l’anno passato corse da me il lunedi di Pasqua, perchè il cavallo era zoppo e l’avevamo dovuto ritirare sul campo: ma era stato soltanto un foruncolo in pastoia, e con un’incisione tutto fu subito risolto.
– Qual’e la giornata di Atod Mo, a Ravenna ?
– Alle 8, al massimo, sono all’ippodromo, tutte le mattine. Se non deve far prova, Atod Mo lo attacco per ultimo: adesso ho sette cavalli in scuderia. Normalmente fa sei giri a rovescio, uno quasi di passo. Due volte la settimana lo lavoro: tre uscite in pista, la prima piano piano, per 5 o 6 giri, poi un lavoro a rovescio, e infine 2400 metri alla dritta. Non prendo nemmeno il cronometro, tanto debbo soltanto trattenerlo per tutta la strada. Soltanto eccezionalmente, se sta un po’ di tempo senza correre, cambio programma. Durante l’inverno e stato fermo 45 giorni, e il lunedi prima del Premio Encat l’ho mandato a Bologna per fare un lavoro sostenuto con Bechicchi: ha fatto 1.20 il primo chilometro e 1.16 il secondo, tirando indietro. Dopo la corsa, Brighenti mi ha detto: “Per battere il tuo ce ne vogliono due, oppure il Tornese dei bei tempi...”. E Sergio e uno che sa quel che dice. Kruger a Padova mi e venuto incontro e mostrandomi il cronometro ha esclamato: «Suo cavallo 29 scarsi ultimi 400. Dio mio!».
– Ma è vero che tu comprasti per buono Atrumin Mo, e Atod Mo era meno quotato?.
– No, venivano messi praticamente sullo stesso piano. Purtroppo poi Atrumin si azzoppo senza rimedio. Certo, da puledro, colpiva più lui, per la sua taglia, mentre Atod Mo era un cavallino vispo, tutto brio. Si e consolidato con l’eta, diventando un atleta. E rimasto un pacioccone, di carattere. Gradisce la compagnia, che è sempre numerosa in scuderia: c’è una vera processione, negli ultimi tempi. E lui sta a sentire la gente che chiacchiera nelle vicinanze del suo box.
– Un’altra leggenda probabilmente, è quella che la famosa castrazione e avvenuta in due volte. Cosa c’e di vero?
– Effettivamente furono necessari due interventi, non uno, per eliminare le conseguenze della castrazione. Lo mandai in clinica appena comperato, perche aveva un ascesso nella zona dei punti. Poi aveva sempre un po’ di secrezione, segno che qualcosa non andava ancora; finalmente, dopo cinque mesi, mentre lo passeggiavo mi accorsi che spuntava qualcosa di verde: era un filo di sutura vagante, che si era sciolto e stava venendo fuori. Cosi fu necessaria un’altra incisione.
– E di buon appetito Atod? Che cosa mangia?
– Mangia un chilo di biada tutte le mattine, appena arriva l’uomo, poi due chili e mezzo a mezzogiorno, mista a carote e verdure varie, ed altrettanto alla sera. L’ultima razione spesso se le sgranocchia di notte. Di fieno ne mangia una cosa giusta, e lo vuole buono: lo vado a cercare io in montagna, e ne faccio una buona scorta.
Anche l’uomo che segue Atod Mo e «speciale», e come l’allenatore non e un professionista ma un autodidatta, per pura passione. Tino, in effetti, era il camionista che guidava in van su cui veniva imbarcato Atod Mo da Mario Landi, un vecchio uomo di cavalli con mezzo secolo di esperienza, che aveva incominciato con Gianni Gambi ai tempi delle famose «frecce azzurre». Ultraottuagenario, Mario e morto circa un anno fa: ha voluto essere sepolto con una foto di Atod Mo. Soltanto per lui, non per altri cavalli, Tino, era camionista pensionato, ha accettato la vita di scuderia ed e accanto ad Atod Mo tutti i giorni. Ultima domanda a Mario Moretti: quando rivedremo Atod Mo?
– Dopo tre corse e tre vittorie, bisogna pensarci. Non l’ho nemmeno iscritto al Lotteria, e solo per le pressioni avute da Torino avevo preso in considerazione il «Costa Azzurra», ma sono stato quasi contento del numero 15, per decidere di non andare. Abbiamo ancora, una corsetta a Bologna il giorno 29: faremo quella, poi si vedrà. Ma un cavallo così merita rispetto, e ci andiamo piano a fare dei programmi che vadano al di là delle corse per indigeni.

intervista di Arrigo Martino a Candido Moretti

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Quando usciranno queste righe, il «cavallo dell’anno» sara già stato eletto e quindi non mi si potrà accusare di propaganda elettorale. Perciò posso parlare tranquillamente di Atod Mo, perche mi preme soprattutto presentarvelo nell’intimo, spiegare che tipo sia, il suo carattere. In genere ci si preoccupa poco, in Italia, del carattere dei cavalli, gli uomini che ci lavorano insieme nella quasi totalità dei casi sostengono che sono soltanto «bestie» e non si preoccupano proprio delle loro piccole o grandi, palesi o nascoste esigenze psicologiche. Se la massa dei cavalli, specialmente quelli da corsa, sono quindi considerati come... bè, diciamo solo che non sono considerati, per fortuna ogni tanto c’e il campione che fa smuovere le acque in questo senso, il pubblico specialmente e curioso di sapere che tipo sia, come manifesti la sua personalita fuori dalla pista. E poichè Atod Mo e un campione, non si potevano chiedere referenze ed informazioni altro che a Loredana e Candido Moretti (che, non avendo figli, naturalmente hanno «adottato» a pieno titolo il figlio di Tom Swift). Dice Loredana, mentre gli occhi gli si illuminano: «Atod Mo e un bonaccione, un vero pacioccone. Non è viziato, anche perchè non è il nostro unico figlio, ma ha le sue piccole manie. Prima e più importante delle quali e quella di voler vivere a tutti i costi a Ravenna, soltanto a Ravenna. Per il resto, possiamo portarlo a correre dove ci pare purchè lui sappia che, dopo, tornera al suo box ed alla sua pista. Io penso che i romagnoli, che lo hanno eletto loro beniamino e portabandiera, lo amino anche per questo. Tutte le mattine Candido lo attacca per fargli fare ginnastica o prova e lui esegue a puntino quello che gli si chiede. Poi, la domenica od altro giorno comandato di gran premio, Bechicchi gli salta in sulky e avete visto quello che sa fare. Anzi, tempo addietro accadde che Bechicchi lo volle portare nella sua scuderia all’Arcoveggio, per averlo piu sotto osservazione, per allenarlo personalmente. Non l’avesse mai fatto: Atod Mo comincio ad essere pigro, svogliato, a rivelare una stizzosità che ne prima ne poi ha mai manifestato: non solo, ma addirittura smise quasi di mangiare. Fu giocoforza riportarlo a Ravenna. Ma, per dire che tipo è, il colpo piu divertente e singolare accadde la prima volta che lo portammo in trasferta. Fu a Trieste. Qualche ora prima della corsa, il lad Celestino Muccinelli – un tipico romagnolo entusiasta, che ha cambiato mestiere per poter stare vicino al nostro cavallo – corse trafelato da noi per comunicarci, con voce rotta dall’emozione, che Atod Mo era steso sulla paglia come morto e rantolava in maniera impressionante. Si puo immaginare come io e Candido ci precipitammo al box col cuore in gola. Be, Atod Ma era così preoccupato della corsa imminente che se ne stava letteralmente stravaccato a dormire della grossa e lo spaventoso rantolo non era altro che un russare da far tremare le pareti...». Questo è Atod Mo in privato: in pubblico abbiamo visto come si comporta.
ESTRATTO DA “TUTTOTROTTO” MARZO-APRILE 1984 / ARTICOLO DI GIORGIO MARTINELLI




sabato 3 marzo 2012

...e questa è la mia storia...DA CASALINGA..A CAMPIONESSA DEL MONDO

Intervista a Loredana Moretti

1 - Signora Loredana Foschini Moretti, lei da casalinga ha avuto un drastico cambiamento di vita: che cosa lo ha provocato?

La mia vita era completamente pianificata, mio marito, medico, seguiva costantemente i cavalli da trotto ed io condividevo con lui questa passione.

2 - Che cosa è avvenuto perchè lei si trasformasse da casalinga a campionessa italiana di corsa al trotto?

Mio marito disputava le corse nella categoria Gentlemen, in cui otteneva sempre ottimi risultati. Io lo seguivo sempre. Debbo sottolineare che in quel tempo, solo in Italia, le donne non potevano correre, ma solo gli uomini. Accadde che il presidente nazionale dei Gentlemen, volendo aprire anche alle donne questa possibilità, convocò una riunione a Bologna con, all'ordine del giorno, la possibilità che anche da noi, come nel resto del mondo, si aprissero le corse anche per le donne nella categoria Amazzoni.
Decisero per il sì, ed io immediatamente mi presentai. Ero già esperta perchè, essendoci a Ravenna un ippodromo molto qualificato, come hobby, io allenavo cavalli.

3 - Qual'è stata la prima corsa, e com'è poi arrivata a vincere il campionato italiano?

La prima esperienza fu a Bologna, e giunsi terza. La seconda a Firenze, la vinsi.
Da notare che le corse per le Amazzoni erano solo 8 all'anno, tutte dislocate nelle varie città d'Italia (sino alla Sicilia). Per partecipare, bisognava avere a disposizione un cavallo in ogni città dove avveniva la corsa. Pensate alle spese insostenibili di doversi portare un animale da Ravenna: impossibile! Certamente io non me lo potevo permettere.
L'incontro che mi sciolse questo nodo fu l'amicizia tra mio marito e il Conte Manzelli, il quale, soddisfatto delle mie prestazioni in corsa, si offrì di mettere a mia disposizione i suoi cavalli.
Mi disse: "Guidali alla vittoria, e te li mando ovunque!".
Così dopo tre anni dal mio debutto, con diverse vittorie, e più numerosi piazzamente onorevoli, ebbi la gioia di vincere il campionato italiano.

4 - Sì, ma poi lei non si fermò lì..mi pare ci sia dell'altro.

Dopo la mia vittoria, andai a Napoli dove si correva il Gran Premio di Agnano.
Una delle corse di quel giorno era riservata alla mia categoria "Amazzoni".
A questo importantissimo concorso partecipavano tutte le nazioni del mondo, America compresa.
In serata ci fù la premiazione dei vincitori delle varie gare. Noi donne eravamo 9.
Quando venimmo chiamate e ci presentammo sul palco, tutte in abito da sera, gli americani, che ci avevano visto solo vestite da fantino, non ci avevano riconosciute, e si domandavano perchè ci davano un premio. Forse per l'eleganza?? Questo equivoco era plausibile: da loro uomini e donne gareggiavano assieme, e assieme venivato premiati.
Così un grosso manager americano ebbe l'idea di organizzare il primo campionato del  mondo femminile. Io, che detenevo il titolo italiano, fui invitata a partecipare: eravamo 16 di varie nazioni.
Gli sponsor ufficiali erano Canadà e Stati Uniti.
Il soggiorno in America durò 25 giorni.

5 - Chi vinse il titolo mondiale?

Dopo alterne vicende con finale a Montreal mi dissero che il cavallo sorteggiaro per me, considerato un po' matto, alle scommesse lo pagavano ben 12 volte! Quello della favorita americana, invece, 1 volta. Per di più guidato dalla miglior Amazzone d'America.
Alla fine però furono battuti da me.
Tutti gli italiani venuti a sostenermi erano quasi impazziti di gioia per la vittoria e inoltre, avendo puntato su di me, tornavano a casa molto più ricchi e soddisfatti.
Tante altre vittorie si sono poi susseguite: persino a Chicago, per il Columbus Day, vinsi la coppa dei campioni.

6 .- Questa esperienza che cosa le ha lasciato?

A me ha lasciato una celebrità che mi ha permesso di girare il mondo invitata da tutti ma soprattutto, mi ha permesso di praticare il mio sport preferito perchè, dopo i miei successi, tutti mi offrivano i loro cavalli da guidare, e io ho potuto esternare il mio amore per questi magnifici animali.

7 - Che cosa vorrebbe dire ai giovani riguardo allo sport in generale?

Ai giovani e non io dico: "praticate uno sport, di qualsiasi genere, adatto alla vostra età: non importa vincere, ma imparare a lottare. Lo sport può portare fatica, delusioni, sacrifici, ma ne vale sempre la pena, perchè ci mantiene in forma aiutandoci a vivere meglio. E poi la gioia di partecipare, anche a livello agonistico, è grandissima! Inoltre lo sport insegna a vivere e forma il carattere".

Intervista di Giuseppe Vincelli

A seguire una breve galleria di foto

Io e mio marito, subito dopo la vittoria

Io e Licking Speed

Ancora io e Licking Speed

Public relation man

L'arrivo vittorioso


La premiazione

La coppa, la giacca, il frustino e il mio cagnino Kicco

Il mio eroe merita una passeggiata

La premiazione

L'arrivo

Festeggiata anche in casa